domenica 3 marzo 2013

Lo Stato è uno spacciatore

Mentre Bersani si lecca le ferite, Grillo pensa a come prendere il 99% dei voti senza dover governare e Berlusconi fa "cucù! ho preso il 30%, stronzi, mi vedete o no?!", là fuori il mondo va avanti nell'indifferenza di chi decide. Ricordate quei kiwi?

L'Italia ha un (poco) invidiabile record: siamo all'incirca l'1% della popolazione mondiale, ma abbiamo il 22% del fatturato globale del gioco d'azzardo on line. Per essere più pratici, per il 2012 si parla di 15 miliardi e 406 milioni, contro i 9 miliardi della Francia, i 3 miliardi del Regno Unito - noto per le scommesse - e i 2 miliardi della Spagna.

Il gioco d'azzardo cresce insieme alla povertà degli italiani: meno soldi ci sono, più aumenta la tentazione di rischiare il poco che si ha per vincere qualcosa di più. Siccome i proverbi hanno sempre un senso, però, il banco vince sempre, e lo scommettitore ci perde. Sempre. Per moltissime persone si tratta di una vera e propria dipendenza, e uno degli spacciatori principali è lo Stato, che incassa una percentuale sui ricavi. Come se l'eroina non si trovasse negli angoli bui delle città, ma dal tabaccaio. Lo permetteremmo senza fiatare?



Con il gioco, invece, si può: le offensive sono locali e isolate: Pavia - regina del gioco d'azzardo in Italia - lancia una Carta Etica per gli esercenti, il Piemonte porta avanti da anni un'iniziativa del consiglio regionale, molti comuni provano a mettere dei limiti. Lo Stato da parte sua cancella le restrizioni al gioco d'azzardo, fa il suo lavoro: essendo il banco, vince e incassa. E pazienza se favorisce drammi, dipendenze e tragedie.

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