giovedì 28 febbraio 2013

Thyssen Krupp: non fu omicidio volontario. Una critica ai colleghi giornalisti

A causare la morte di sette operai nelle acciaierie Thyssen Krupp di Torino, la notte tra il 5 e 6 dicembre 2007, non fu un omicidio volontario - come era stato stabilito in primo grado - ma un omicidio colposo con colpa cosciente. È la decisione presa dai giudici di appello. Per chi non mastica di legge, in primo grado l'amministratore delegato Herald Espenhahn era stato condannato a sedici anni e mezzo; oggi la sua pena è scesa a dieci anni. Questo dà la dimensione della differenza che passa tra le due sentenze. Si tratta comunque - come ha rilevato il pubblico ministero Raffaele Guariniello, che ha seguito il caso - della più alta condanna mai inflitta in Italia per un incidente sul lavoro. La difesa di Espenhahn aveva cercato di sostenere che le responsabilità non potevano essere tutte sue, perché esistevano delegati sul posto a controllare che tutto fosse in regola; e che la colpa fu in parte degli operai stessi.

Ovviamente i famigliari delle vittime hanno gridato allo scandalo e hanno occupato l'aula, ed è su questo che si concentrano le notizie di oggi. Tuttavia, spero di non far storcere troppi nasi sostenendo che in questo processo non esiste una verità univoca, perché è stato impostato in modo totalmente nuovo rispetto al passato: mai una pubblica accusa aveva tentato la strada dell'omicidio volontario.



Un conto è parlare di un un uomo che litiga con un altro uomo, esce dal bar dove entrambi si trovano, recupera una pistola che teneva in macchina e gli spara tre colpi: non può che essere omicidio volontario. Qui, invece, si dice che l'omicidio è volontario perché le norme di sicurezza sono state coscientemente ignorate. L'omicidio è imputato all'amministratore delegato, che non viveva e non lavorava abitualmente a Torino.
La cosa mi pare molto più opinabile. Questo - e lo dico in modo neutro, non negativo - sembra un processo politico, uno di quelli che fanno scuola e cambiano radicalmente la giurisprudenza, comunque vada a finire in Cassazione. Ma quando si provano strade così ardite, non è detto che le cose vadano come si sperava.

Quindi, cari colleghi giornalisti , vi invito a cercare di spiegare alle persone più che a mostrare il dolore. Come volete che si senta la madre di un ragazzo di vent'anni morto bruciato vivo? Che notizia è?
E, cari politici, modificate le leggi, invece di dirvi costernati quando le sentenze non vi piacciono.

1 commento:

  1. Bisognerebbe prima leggere le motivazioni, ma quello che sappiamo è che una procura, un gip e una corte d'assise d'appello hanno ritenuto che ci fosse il dolo eventuale nel comportamento dei vertici della Thyssen. Mostrare il dolore è più semplice, da una parte, ma anche con il garbo dovuto, doveroso dall'altro per mostrare come le decisioni dei palazzi, anche quelli di giustizia cadono sulla vita delle persone. Comunque non ho dubbi che l'accusa fosse corretta e ben fondata. Dolo eventuale significa che si accetta il rischio di danno causato dal proprio comportamento e non si fa nulla per evitarlo. Infatti, il titolo di reato doloso è rimasto per l'art.437, ossia Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Spero nella Cassazione

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